Argo - 2018 - olio su tela preparata - 50x100
Il fuoriuscito - olio su tela - 10 x100 - 2017 - Esposto alla Mostra Arcaico e Presente a Sutri - Palazzo del Drago
La Fenice e il Drago - 2018 - olio su tela preparata - 70x50
Giuseppe Rossi nasce a Roma nel 1958. Oggi vive a Soriano del Cimino in provincia di Viterbo dopo aver vissuto per anni a Manziana dove si affaccia alla pittura giovanissimo. Precocemente iniziano le prime esperienze espositive. A vent’anni, nel 1978, ordina la sua prima personale a Soriano nel Cimino. Frequenta, successivamente, l’Accademia di belle Arti di Viterbo.
Nel 2010 fonda il “Dendronaturalismo”.
Ha esposto, nel corso della sua carriera, in molte città d’Italia: Roma, Torino, Forlì, Firenze, Arezzo, Spoleto, Carrara, Bologna, Viterbo, Mantova, Padova, Amelia, Bomarzo, Porto Cervo, Arco di Trento, Marina di Pietrasanta, Durazzo (Albania), Miami (USA), Londra, Berlino...
- Recentemente, nel 2011, partecipa alla biennale di Firenze dove gli viene tributato un importante riconoscimento da parte della giuria internazionale. Partecipa anche alla biennale di Durazzo in Albania ed è invitato a varie e importanti collettive. A Spoleto si mette in evidenza col supporto del critico Giammarco Puntelli , alla Triennale di Roma con Achille Bonito Oliva, …
- È poi protagonista all’Affordable Art Faire, al MACRO di Roma, al Museo di Villa Vecchia a villa Doria Pamphili Roma, è presente allo Euart – Spectrum Art Basel Miami USA, partecipa alla prima Biennale Internazionale di Roma…
- È presente nei cataloghi Mondadori e nella 50° edizione del CAM (catalogo dell’Arte Moderna).
- Dal 2010 collabora con la Galleria Astrolabio di Roma, dal maggio 2014 con la galleria Orler Style Channel , Affordable Art Point, ora con la Zanini Art Gallery di S. benedetto Po.
«È la percezione dell’oltre, rivelato dagli intrecci cromatici dei dettagli dei tronchi contorti di Giuseppe Rossi, a far emergere immediatamente il nesso fra natura, pittura e cultura. È il salutare eclettismo del postmoderno a condurre l’autore alla ricerca di soluzioni allusive di una rappresentazione che diventa altro da ciò che avrebbe potuto descrivere. Perché sulla tela il tronco nodoso della corteccia cinerea dell’ulivo, i miracoli botanici dei tronchi centenari aggrovigliati e incurvati, le forme che sulla loro scorza paiono assumere le conformazioni di strane escrescenze tumorali, di dorsi squamosi, di cicatrici malamente guarite, di asprezze da mutilazioni belliche, fanno spiccare il volo dell’immaginazione. E la pittura, nata nel colonnato di lignei templi apocalittici, negli anfratti di castagni grandi come cattedrali, realizza l’inevitabile iato tra il vedere e il sentire, per portare in scena un concetto di natura riletta e filtrata da una solida cultura artistica e da una bizzarria arcimboldiana scaturita come da un personale grembo di energie inespresse, quelle che l’artista rivela tramite la materializzazione dell’immagine. […]
E la scorza dei tronchi si allontana (quasi scompare): perché l’impulso espressivo, dalle topografie delle cortecce rugose e nodose, distilla immagini autonome, tra minimi accenni di descrittivismo e sottili orizzonti di nastri cromatici che si agitano nello spazio, quasi volessero farsi beffe nel rammentare (ma solo per piccoli cenni) la distanza da una troppo astrusa pittura analitica. E le linee del colore che rimandano alle cortecce assumono un ritmo franto, a rispecchiare la forma frammentata e interrotta di quelle superfici dense di squarci. Ne nasce un ibrido cortocircuito tra la forza narrativa del segno e di un colore che possiede l’umiltà della tavolozza di Carlo Levi mentre la seduzione delle essenze di figurazione ci porta molto oltre agli orizzonti d’ispirazione, verso un sentiero percorso tra accenni di astrazione e reinvenzione dell’elemento naturalistico…».
Stralcio del testo critico del Prof. Gianfranco Ferlisi , Mantova